Nei pazienti oncologici, il tromboembolismo venoso è la seconda causa di morte dopo il tumore, e il rischio di sviluppare malattia tromboembolica venosa (MTEV) è 4-7 volte più elevato.
Le complicanze tromboemboliche influenzano significativamente la morbilità e la mortalità della malattia neoplastica e gli eventi tromboembolici possono impattare sulla qualità della vita e aumentare la fragilità di una persona colpita da tumore.
Questa correlazione, frequente e seria, è spesso sottovalutata dai pazienti e, talvolta, anche dai medici.
Le evidenze scientifiche disponibili, provenienti da diversi studi clinici, e le attuali linee guida raccomandano per il trattamento di prima scelta della malattia tromboembolica venosa nei pazienti oncologici, l’utilizzo di eparine a basso peso molecolare. Questo anche considerando le limitate interazioni farmacologiche di queste molecole e l’assorbimento non influenzato dal cibo o da disturbi gastrointestinali spesso presenti nei pazienti oncologici.
Nonostante tali raccomandazioni però, la pratica clinica si basa ancora sull’utilizzo di antagonisti della vitamina K ed in misura crescente di anticoagulanti orali diretti.
È necessaria, pertanto, una maggiore consapevolezza da parte dei clinici delle opportunità dell’utilizzo di eparine a basso peso molecolare nei pazienti oncologici a rischio di MTEV.
Allo stesso tempo è importante sensibilizzare gli oncologi e i MMG sulla necessità di avere una continuità terapeutica sul territorio quando il paziente lascia l’ospedale, coinvolgendo anche i farmacisti al fine di rendere di facile reperibilità ai pazienti non più in ospedale le eparine a basso peso molecolare.
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